“La pace non è un bene già raggiunto, ma una meta a cui tutti e ciascuno dobbiamo aspirare. Guardiamo con maggiore speranza al futuro, incoraggiamoci a vicenda nel nostro cammino, lavoriamo per dare al nostro mondo un volto più umano e fraterno, e sentiamoci uniti nella responsabilità verso le giovani generazioni presenti e future, in particolare nell’educarle ad essere pacifiche e artefici di pace”.
Con queste parole, il Santo Padre Benedetto XVI ha concluso il suo messaggio per la celebrazione della giornata mondiale della pace del 1° Gennaio scorso.
Prendendo spunto proprio dal messaggio pontificio, l’Azione Cattolica Italiana e l’Istituto di Diritto internazionale della pace “Giuseppe Toniolo”, hanno organizzato per il 21 Gennaio scorso, il seminario “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”, tenutosi presso la Domus Mariae a Roma.
Relatori di eccellenza per questo evento: Ugo De Siervo, presidente del Consiglio scientifico dell’istituto Toniolo e presidente emerito della Corte Costituzionale e Mons. Giovanni Giudici, Vescovo di Pavia e presidente di Pax Christi.
Il presidente De Siervo si è soffermato sulla tematica della giustizia e dell’educazione ad essa, ricordando l’invito al coraggio fatto dal pontefice nel messaggio. Il coraggio di far capire le dimensioni della materia, in cui sono presenti le tematiche di giustizia e pace.
Mons. Giudici invece, ha incentrato la sua riflessione sull’educazione alla pace. Secondo il Vescovo di Pavia: “per essere formatori di pace, bisogna innanzitutto essere testimoni, attraverso gli atteggiamenti di fiducia e carità reciproca, i quali ci consentono di essere in “pace” interiore”.
Al termine del proprio intervento, l’invito che ha fatto Mons. Giudici ai presenti è stato quello di iniziare a vedere lontano, di alzare gli occhi e a far sì che una persona abbia gli occhi per vedere e scoprire la pace.
Al termine delle relazioni è stata data la parola ai giovani, primi destinatari del messaggio episcopale. Tre giovani con nazionalità, lingua e cultura diversa hanno portato la loro esperienza di pace e giustizia. Elie Hajjar, giovane proveniente della Terra Santa, secondo il quale la sua terra di origine vive in una “contraddizione”: Essa, pur essendo la terra dove è nata la giustizia e la pace, ossia il Signore nostro Gesù Cristo, dalla nascita di Gesù fino ad oggi, non è mai stata terra di pace e di giustizia.
“Dal ’93 la guerra civile e la situazione politica in Burundi è molto tesa” dice don Geremie Bukene, giovane sacerdote. “Il male burundese risiede nell’ingiustizia sociale e i giovani vengono usati nella guerra, sia dai politici che dai rivoltosi, uccidendo e barrando le strade. Molti, invece, si sono buttati nella droga”, e in questo contesto difficile, un ruolo importante per l’educazione alla pace è quello dell’Azione Cattolica, la quale è promotrice e organizzatrice di vari incontri per la formazione, soprattutto nelle scuole.
E infine la parola è passata al nostro vice presidente nazionale di Azione Cattolica, Marco Sposito, secondo il quale non è scontato rassicurare ed incoraggiare i giovani nel cammino verso un mondo più giusto e vero, privo di corruzione ed ingiustizie, sicuri di trovare il tesoro più grande nei Suoi desideri, nei desideri di Dio, desideri di pace e giustizia. “Riscoprirsi chiamati alla costruzione, ideazione, realizzazione di questa festa, la nostra vita, la nostra società, il nostro Paese, non solo per i propri fini, ma per il bene del mondo in cui viviamo e della società a cui apparteniamo, significa necessariamente rimboccarsi le maniche per tirar fuori da noi stessi l’essenza stessa dell’umano”, è questo il senso dell’educare i giovani alla giustizia e alla pace. Marco ha illustrato come l’Ac si è messa alla ricerca della giustizia e la pace, “con una formazione integrale e permanente di ciascuno, inclusa la dimensione morale e spirituale, che abbia come prima meta uno stile di vita coerente con gli ideali che ciascuno afferma. Non possiamo continuare a chiedere un cambiamento di rotta ai nostri responsabili educativi, istituzionali, politici, se non diventiamo innanzitutto noi (come sosteneva Gandhi) il cambiamento che vorremmo vedere nel mondo”.
Il Santo Padre conclude il Messaggio con queste parole: “Voi siete un dono prezioso per la società. Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento di fronte alle difficoltà e non abbandonatevi a false soluzioni, che spesso si presentano come la via più facile per superare i problemi. Non abbiate paura di impegnarvi, di affrontare la fatica e il sacrificio, di scegliere le vie che richiedono fedeltà e costanza, umiltà e dedizione”.
E noi, a che punto siamo nella ricerca della pace e della giustizia?

Giorgio di Perna


     



 

 

 

 


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